Impatto e incidenza delle politiche pubbliche nello sviluppo cooperativo venezuelano
La costituzione venezuelana adottata nel 1999 ha attribuito un posto preponderante alla partecipazione popolare. Sul piano economico e sociale, nell’articolo 184, si facilita l’azione delle istanze di cogestione, di autogestione attraverso la «partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese pubbliche» e la «gestione delle imprese in forma cooperativa e di imprese comunitarie di servizio per favorire l’impiego» e «ogni forma associativa guidata da valori di mutua cooperazione e di solidarietà» [1]
L’economia sociale e lo «sviluppo endogeno» figurano tra gli assi prioritari del governo bolivariano E’ in questo spirito che la legge sulle cooperative viene promulgata nel settembre 2001. Se in un primo tempo i suoi effetti saranno limitati, le cooperative conosceranno un vero e proprio slancio a partire dal 2004 con la messa in opera del nuovo modello di sviluppo definito da un punto vista strategico come «endogeno». Tra il dicembre 2004 e il maggio 2005, più di 250.000 persone saranno formate ai valori del cooperativismo. Nel settembre 2004 il governo creerà il ministero dell’Economia popolare (MINEP) per istituzionalizzare il programma Vuelvan Caras, promuovere i Nude (Nodi di sviluppo) e coordinare il lavoro degli istituti di credito. Le cooperative saranno considerate una componente essenziale di «un modello economico orientato al benessere collettivo piuttosto che all’accumulazione del capitale» (MINEP 2005).
Questo volontarismo politico darà dei rapidi risultati ma nello stesso tempo mostrerà dei limiti. Da un totale di 800 cooperative e 20.000 soci nel 1998 si passerà a 260.000 cooperative e a un milione e mezzo di soci nel 2008. Nella grande maggioranza dei casi, le cooperative saranno delle piccole unità e una parte di esse andrà rapidamente a rotoli. I risultati della gestione saranno ugualmente tenuti sotto osservazione e alcune imprese capitalistiche approfitteranno del quadro normativo per costituirsi in cooperative. Sunacoop, l’organismo incaricato di supervisionare le cooperative, dovrà adoperarsi per risanare il settore. Il magistrale sviluppo tende ad andare di pari passo con una grande dipendenza nei confronti dei mercati dello Stato e dei comuni. La convivenza col movimento cooperativo tradizionale, più autonomo, risulterà complicata [2]. Dal 2007, a partire da queste constatazioni, lo sviluppo delle cooperative cesserà di essere una priorità per il governo.
«Politiche pubbliche e cooperativismo venezuelano»
Uno studio universitario realizzato da Héctor Lucena et Dioni Alvarado pubblicato nel 2013 analizza la complessità dello sviluppo cooperativo avviato nel quadro del processo politico bolivariano negli anni dal 1999 al 2013; la discussione verte particolarmente sulle ripercussioni delle politiche pubbliche e sulla loro incidenza sull’autonomia del movimento cooperativistico [3].
Gli autori ricordano che se le associazioni delle cooperative hanno partecipato al processo costituente e alla redazione della nuova Costituzione adottata nel dicembre 1999 e che, se alcuni settori del cooperativismo sono stati consultati prima della pubblicazione del decreto sulle cooperative del 2001, il movimento, in seguito, è stato largamente ignorato. Essi sottolineano, nello stesso tempo, che lo sviluppo cooperativo impegnato a livello istituzionale, ha privilegiato le cooperative del lavoro associato e della produzione nei settori dei servizi e che alcune imprese in difficoltà economica sono state ristrutturate attraverso la cooperazione.
Lo sviluppo cooperativo nel processo rivoluzionario bolivariano
L’impulso dato dal governo ha conosciuto due tappe, la prima tra il 2001 e il 2003 e la seconda tra il 2004 e il 2007, nel corso della quale si sono formate l’81% delle cooperative. Questi due cicli di sviluppo sono da mettere in relazione alla grande instabilità politica (colpo di stato e lock-out padronali) che ha conosciuto il paese nel corso del primo periodo. A partire dal 2004, il governo consolidato al potere si è impegnato a sostituire la capacità produttiva e relativa alla prestazione di servizi da parte del mondo imprenditoriale trasferendola alle persone organizzate in cooperative. Ma la grande maggioranza delle iniziative (74%) rispondeva a bisogni familiari, dei soci e della comunità nell’intento di trovare una via di sbocco alla disoccupazione.
Alla fine del 2008, ne erano state registrate 260000 mentre nel 2000 se ne contavano appena un migliaio. La maggior parte di questo sviluppo è legata all’azione del governo ma il boom ha sollecitato gli appetiti delle imprese private che speravano di avere accesso ai vantaggi, al credito e ai contratti al pari degli enti pubblici. In certi casi i datori di lavoro hanno costretto i lavoratori a organizzarsi in cooperative per lavorare in subappalto.
Secondo Nelson Freitez, lo sviluppo statale del coperativismo risponde più «a una politica di assistenza che a uno sviluppo economico», fattore che si è tradotto in uno sviluppo maggiore nel settore sociale piuttosto che in quello della produzione [4]. Se fino al 1997, le cooperative erano maggiormente presenti nel risparmio e nel credito, nei servizi alla persona, nell’agricoltura e nei trasporti, in seguito hanno predominato i settori dei servizi alla persona e alle imprese.
Il settore cooperativo tradizionale che –ricordiamolo- aveva partecipato attivamente alla redazione dei principi nel quadro dell’Assemblea Costituente nel 1999 sollevò riserve ed espresse un certo scetticismo di fronte allo sviluppo cooperativo incrementato dall’intervento statale al momento della pubblicazione del decreto legge del 2001 dato che quest’ultimo derogava ai principi stessi del movimento. Rapidamente si è potuto constatare che questi timori erano fondati dato che molte organizzazioni appena nate scomparirono dalla scena. All’epoca del censimento del 2006, appena il 25% delle 155.000 registrate possedeva i requisiti richiesti come la capacità di presentare i registri con le delibere collettive e la nomina dei soci.
Durante i quindici anni che sono trascorsi, lo Stato è stato il principale protagonista nel dare impulso alla creazione di cooperative in Venezuela. Nel periodo 2001-2012, 300.000 cooperative sono state create mentre nel 1998 ce n’erano solo 762. Tuttavia, malgrado l’impressionante espansione quantitativa, parecchie organizzazioni si sono costituite con un numero minimo di 5 soci come previsto dalla legge. Tra il 1998 e il 2008, sono stati concessi 1,5 milliardi di credito di cui una parte significativa non è stata recuperata. Come sottolineato precedentemente, la legge è stata abbondantemente utilizzata per sviluppare il subappalto allo scopo di far abbassare i costi di produzione e di disimpegnarsi dalle proprie responsabilità in materia di salari. Il settore pubblico non è rimato indietro ed ha sollecitato con forza le imprese in subappalto a costituirsi in forma cooperativa.
Secondo il censimento del 2006 che verificava la presenza di 42.000 cooperative attive rispetto alle centinaia di migliaia che si erano costituite, il Venezuela sarebbe in testa ai paesi latino-americani per quanto riguarda il numero di entità, raggruppando un milione di soci. Tuttavia l’impatto sul piano economico era molto minore del previsto. Paradossalmente, le cooperative più importanti sono organizzazioni che, essenzialmente, sono state create prima del 1998, come nel caso esemplare dell’impresa CECOSESOLA che è stata fondata nel 1967 e che raggruppa oggi 1.200 lavoratori associati [5].
Analisi del fenomeno cooperativo
La crescita esponenziale delle cooperative in Venezuela è stata criticata dai protagonisti del movimento cooperativo tradizionale. Oscar Bastidas ha preso di mira l’esistenza di «false cooperative» che non rispondono alle norme del movimento, nel senso che esse non ricoprono la doppia dimensione di associazione/impresa.
Il punto che dobbiamo comprendere è che esse non hanno il senso della proprietà collettiva, né della gestione democratica reale ma sono costituite da gruppi di cinque soci che si trasfomano di fatto in soci capitalisti che sfruttano la forza lavoro dei loro salariati. Questo «piccolo gruppo dominante nelle false cooperative non rispetta i principi e i valori cooperativi riguardo allo sviluppo, alla formazione, e neppure per quanto riguarda la partecipazione e l’integrazione». Queste cooperative «generano esclusivamente profitto senza includere la responsabilità sociale con e per la comunità» [6].
Autonomia delle cooperative e politiche pubbliche
Gli autori dello studio criticano ugualmente la «subalternità delle cooperative rispetto al potere economico dello Stato, il che facilita la loro incorporazione nella macchina elettorale che ne trae profitto prima di tutto a livello politico senza dare frutti corrispettivi in termini economici». Secondo questi studiosi, il clientelismo politico si è sviluppato in maniera significativa in questi ultimi anni, fatto, questo, che ha «generato distorsioni nel funzionamento delle cooperative». Essi ricordano che i valori come l’autonomia e la trasparenza non sono compatibili con le forme politiche clientelari.
Essi illustrano inoltre la loro proposta tramite l’esempio della cooperativa COPALAR (Società di servizi multipli agricoli), creata nel 1980 nello Stato di Lara, che era una delle cooperative agricole più sviluppate in Venezuela, in termini di soci e di produzione. Questa cooperativa era composta da produttori di caffè e riuniva nel 1990 700 famiglie di ottanta casolari della zona. Il suo sviluppo fu complesso ma costante, arrivando a produrre per l’esportazione al fine di migliorare le condizioni di vita dei soci. Ma nel 2005 nel quadro del «Piano Caffè», il governo offrì loro dei crediti importanti alla condizione espicita di vendere i loro prodotti a determinate imprese e chiese loro di installare un’officina di torrefazione, che si trovò ben presto a confrontarsi con gravi problematiche strutturali. Al termine di un certo periodo di tempo la cooperativa si è ritrovata in fallimento a causa della corruzione e della cattiva gestione della direzione che si è lasciata tentare dall’afflusso incontrollato di risorse.
Alcune cooperative storiche si trovano più danneggiate che beneficiate dal clientelismo all’opera con le politiche pubbliche di sviluppo. Lo studio mette in evidenza gli aspetti nascosti che vengono alla luce quando lo Stato interviene nel movimento cooperativo senza misurare la portata delle sue politiche. D’altronde, i valori di autonomia e di trasparenza non sono solo principi morali, ma anche elementi pratici essenziali per l’avvio economico delle cooperative.
Nuova percezione del movimento cooperativo da parte dello Stato
La diagnosi sullo «pseudo-cooperativismo», che consiste nello sviluppare massicciamente le cooperative che adottano la forma ma non la sostanza, è stata condivisa da analisti ideologicamente vicini al governo. Già nel 2007, Hugo Chávez Frías, consapevole delle difficoltà e facendo un curioso riferimento all’esperienza cooperativa yugoslava, dichiarò che il programma cooperativo venezuelano non era stato uno strumento di transizione verso gli obiettivi socialisti che la «rivoluzione bolivariana» intendeva realizzare [7]. A partire da quel momento le cooperative hanno smesso di essere il veicolo ideologico essenziale per la trasformazione economica. Esse sono state sostituite dalle Imprese di produzione sociale (EPS), nel quadro del progetto nazionale Simón Bolívar 2007-2013, divenendo in seguito le Imprese di proprietà sociale.
Conclusioni dello studio
Malgrado questi bilanci, è innegabile che le cooperative abbiano giocato storicamente un ruolo importante nel permettere l’inclusione di settori popolari nel tessuto sociale venezuelano, con maggiore o minore successo a seconda delle zone e regioni del paese, e nelle attività economiche di produzione di beni e servizi, nel consumo e nel risparmio. A partire dalla costituzione del 1999 e dalla legge del 2001, le cooperative hanno costituito l’archetipo organizzativo da sviluppare attraverso politiche pubbliche allo scopo di generare un’economia sociale attiva e di sostituirsi in un certo senso alle imprese capitaliste. Tuttavia lo sviluppo esponenziale delle cooperative, legate al contratto con lo Stato e ai finanziamenti pubblici, si è rivelato alla fine un impasse. La reazione dello Stato è stata allora di dichiarare l’inutilità del cooperativismo come strumento di trasformazione delle società e di sostituirle con le EPS.
Gli autori concludono affermando che, dopo più di un decennio di sviluppo delle cooperative, bisogna sottolineare il fatto che esiste oggi un numero di cooperative quaranta volte superiore a quello dell’inizio del processo, e che molte di esse hanno permesso a famiglie e a lavoratori che esercitavano mestieri informali di dotarsi di uno statuto giuridico con l’appoggio delle politiche pubbliche. La quasi totalità del movimento cooperativo tradizionale si mantiene nei margini delle risorse dello Stato, anche se alcune esperienze che vi hanno fatto ricorso, hanno messo a repentaglio l’autonomia del movimento cooperativo.
E per non concludere...
L’esperienza venezuelana è interessante sotto più di un aspetto e merita di essere analizzata più ampiamente anche su un piano che ci riguarda per tentare di trarne degli insegnamenti. Essa conferma che lo sviluppo importante delle cooperative, anche su scala di massa, non è sufficiente per intraprendere una transizione postcapitalista. E’ chiaro inoltre che il volontarismo del governo e il conferimento di sussidi consistenti senza un vero controllo ha generato delle derive e talvolta messo in discussione l’autonomia del movimento cooperativo, ed è ugualmente emerso chiaramente che le esperienze storiche basate sulle iniziative dei lavoratori resistono meglio, che esse continuano talvolta a svilupparsi e rimangono le più importanti del paese sul modello delle: Centrale Cooperativa dei Servizi Sociali dello Stato Lara, San José Obrero, CORANDES, le cooperative in Alleanza con VENEQUIP, Cooperativa Rubio, Cooperativa Bermúdez, Cooperativa Araya, CECOSESOLA, etc. Ma nello stesso tempo le politiche pubbliche hanno giocato un ruolo inclusivo non trascurabile nei confronti delle classi popolari.
Questa esperienza mette sul piatto parecchie problematiche a partire dalle quali si potrebbero avanzare alcune ipotesi per abbozzare un «progetto» di transizione in rottura col sistema capitalistico. Un cantiere che resta assolutamente aperto...
Référence de l’article :
Héctor Lucena y Dioni Alvarado, «Políticas públicas y el cooperativismo venezolano”, Osera n. 9, Buenos Aires, 2° semestro de 2013, 14 p. Consultable sur :
http://webiigg.sociales.uba.ar/empresasrecuperadas/PDF/PDF_09/Lucena_dossier.pdf
Notes:
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Cf. les articles de Richard Neuville, « Venezuela «Les Conseils communaux et le double pouvoir» in Collectif Lucien Collonges, «Autogestion hier, aujourd’hui, demain», Editions Syllepse, Mai 2010.
http://alterautogestion.blogspot.fr/2011/01/venezuela-les-conseils-communaux-et-le.html et
«La Constitution bolivarienne» in Dossier spécial Venezuela, Rouge & Vert n° 222, avril 2005, p.21-22. ↩
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Richard Neuville, «Venezuela : Dans quelle mesure, les travailleurs contribuent-ils à l‘approfondissement et à la radicalisation du processus révolutionnaire ?», Octobre 2010.
http://alterautogestion.blogspot.fr/2010/10/venezuela-dans-quelle-mesure-les.html et
«Venezuela : Une décennie de processus bolivarien – Avancées réelles et limites d’une révolution démocratique», in Rouge & Vert, n° 289, avril 2009, p. 12-14.
http://alterautogestion.blogspot.fr/2009/04/venezuela.html ↩
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Héctor Lucena y Dioni Alvarado, «Políticas públicas y el cooperativismo venezolano», Osera n. 9, Buenos Aires, 2° semestro de 2013, 14 p. Consultable sur : http://webiigg.sociales.uba.ar/empresasrecuperadas/PDF/PDF_09/Lucena_dossier.pdf ↩
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Nelson Freitez, «El cooperativismo en el Estado Lara, desde 1968 hasta el 2008», Tesis doctoral, UCV, 2013. ↩
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«L’expérience CECOSESOLA», Un film de Ronan Kerneur et David Ferret (France-Guatemala-Venezuela – 2014 – 59 minutes – Couleur – VOSTF Production : Tropos Films : https://www.facebook.com/troposfilms Un film de 58 minutes sur la coopérative Cecosesola du Venezuela. Voir également le lien posté le 18 juillet 2014 sur le compte Facebook de l’Association pour l’autogestion: https://www.facebook.com/AssociationAutogestion ↩
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Oscar Bastidas, «Las falsas Cooperativas Venzolanas», 2013. http://www.analitica.com/enfoqueeconomico/4481108.asp ↩
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Hugo Chávez Frías, Discours devant l’Assemblée nationale, 15/08/2007.