Il potere operaio di cambiare vita
Fino a poco più di due anni fa, la Allocco era la prima impresa argentina nella produzione di macchine per l’industria dell’olio. La stratosferica impennata della coltivazione di soja non le ha portat
Entrare alla Allocco vuol dire cambiare atmosfera, significa entrare in uno spazio che sembra essersi sospeso nel tempo, in quel 2012 nel quale le macchine hanno funzionato per l’ultima volta. C’è silenzio, un silenzio eccessivo, in questo territorio esteso dominato da titanici dispositivi meccanici di dimensioni sbalorditive. Quanto sarà stata bella la sinfonia della produzione nei momenti di prosperità e nelle ore di lavoro straordinario? In questi momenti di quiete forzata, affondati nel pieno dell’incertezza del destino e del futuro di oltre cento famiglie, gli occhi (dei lavoratori che hanno recuperato la fabbrica, ndt) brillano nel raccontarci le glorie passate, la ragione della storia dei lavoratori che gentilmente hanno aperto le porte al nostro arrivo. L’ambiente è affabile, ricco di curiosità per quello che stiamo progettando di fare e c’è una visibile ansia di raccontare esperienze, una voglia che si sappia cos’è capitato in una delle imprese che creavano macchine per la lavorazione dell’erba cattiva che va tanto di moda, la soja.
Che succede quando, dopo tanti anni di “stabilità”, si verifica una rottura? Qualcosa cambia in modo profondo e repentino. Quando ciò che è stabile si destabilizza, e si guarda indietro, la calma di tanti anni, col senno di poi, si trasforma in passività. E adesso? Il caos. Il rimanere orfani. Soli. Quando il presente non si può predire, è difficile vedere il futuro. Appaiono tanti percorsi possibili ma senza la speranza e l’organizzazione, quei percorsi si riducono al nulla, ad avveniristici prigionieri di un inatteso panico. Il futuro si presenta come l’im-possibile, I lavoratori di Allocco lo hanno vissuto sulla pelle. Il senso d’impotenza e la paura li hanno spinti, dopo molte discussioni, sul miglior cammino possibile, quello della riflessione. E adesso che facciamo? Ci organizziamo per non crepare.
Pensarsi come soggetti, e non più come semplici oggetti della produzione, comporta il riconoscere il potere di trasformazione che tutti abbiamo. Alla Allocco hanno dovuto vivere un conflitto che li ha costretti a rendersi conto del loro ruolo dentro uno spazio produttivo e sociale nel quale le relazioni di gerarchia segnavano una differenza. In questo modo nasce la coscienza di sapersi operai di fronte a un sistema capitalista fondato sullo sfruttamento dei lavoratori. Cambiare la relazione con il proprio lavoro, la relazione con l’impresa e quelle tra gli stessi lavoratori. Tutto questo processo, come tanti altri, si basa sul movimento, sulla riflessione e l’azione, sull’organizzazione e gli incontri che vanno al di là di un mate bevuto insieme o di una cordiale chiacchierata Serve un vero incontro tra soggetti che potenzia le loro caratteristiche e li trasforma in coloro che fanno la propria storia. Investigare, consigliarsi, discutere in assemblea, ascoltarsi e tradurre in parole tutto un processo che quando incomincia poi è difficile da frenare. Non c’è ritorno. Non ci sono più catene invisibili o ignoranza di fronte alla diseguale relazione tra occupato e datore di lavoro. A volte, il cane non vuole cambiare padrone ma liberarsi della corda che lo lega. Il divenire fatto esperienza.
Nella tranquillità, rimangono le assenze e si sente l’incertezza degli operai. Uno può quasi vedere, nelle ombre e in controluce, la vita che questo luogo aveva quando le preoccupazioni erano altre, giorno dopo giorno c’era una sicurezza e il vocabolario per definire il destino dell’impresa non comprendeva nemmeno l’ombra di parole come debito, svuotamento, sussidi o fare in cooperativa. I padroni cambiano, i tempi anche. Qualcosa resta, tuttavia. Il potenziale produttivo di questi lavoratori, che sanno, possono e vogliono continuare, in questo luogo, non solo fabbricando quello che producono ma costruendo le loro vite intorno a questa impresa.
L’esperienza è in cammino, l’orizzonte è ancora troppo dilatato. Tuttavia in ogni fabbrica nella quale gli operai cambiano il loro modo di pensare, in ogni assemblea dove comprendono le regole del gioco e, al di là dello schema di lavoro, in ogni lotta per la dignità dei lavoratori, si va facendo più solido e meno utopico quel lontano orizzonte.
Trovate le molte altre belle foto del reportage di Fernando Der Meguerditchian, Lu Harreguy e Juliana Faggi nel sito della Brújula: http://brujulacomunicacion.com.
La Brújula è una bella e interessante cooperativa di comunicazione composta da Lavoratori e studenti della comunicazione, giornalisti, fotografi, disegnatori e da molti altri che sentono la necessità impellente di raccontare, analizzare e comunicare in una qualunque forma ma da una prospettiva critica. La coopartiva sorge soprattutto come una necessità di risolvere in modo collettivo le necessità singole di creare spazi e mezzi per comunicare.